La tesi di dottorato propone una ricerca interdisciplinare su documenti figurativi ed epigrafici prodotti a Roma (e nel territorio adiacente), durante il periodo della cosiddetta “Riforma Gregoriana” (metà secolo XI - metà del secolo XII). Si tratta di un lavoro che è insieme di storia dell’arte figurativa, di storia delle ideologie e delle culture (e perciò di autori e testi), nonché di paleografia epigrafica. La ricerca è stata organizzata in tre parti. La prima è un’introduzione alla storia e al contesto sociale di Roma nonché all’organizzazione ecclesiastica durante la Riforma gregoriana. L’esigenza di un rinnovamento interno alla Chiesa, volto all’emancipazione dal potere imperiale, comportò un diverso atteggiamento nei confronti delle immagini rispetto alla tradizione. In questa sede sono stati esaminati gli scritti di Bruno di Segni (Sententiae). Essi hanno svelato la presenza di una “teoria artistica riformata”, nonché elementi fondamentali per la comprensione della simbologia connessa all’edificio ecclesiastico, alle immagini e alle scritture. Lo status del testo scritto si è rivelato, infatti, significante anche dal punto di vista “iconico” poiché la scrittura aveva un valore autenticante, oltre ad essere uno strumento mnemonico e liturgico. Nella seconda parte della ricerca è stato proposto un inedito esame delle “scritture esposte” di Roma (secc. XI-XII). In questa sezione sono state esaminate le iscrizioni d’apparato librarie (nelle Bibbie Atlantiche e nei rotoli di Exultet), le epigrafi su supporto lapideo (lastre di dedica, di consacrazione, etc.) e le iscrizioni presenti nei manufatti artistici monumentali (cicli pittorici e mosaici). Il lavoro ha messo in luce le diverse tipologie scrittorie presenti nella Roma gregoriana, in gran parte improntate alla capitale d’imitazione classica e influenzate da modelli librari. Il confronto tra la capitale tipizzata delle Bibbie Atlantiche e le epigrafi lapidee dell’età di Gregorio VII ha dimostrato l’intervento della committenza pontificia nella formazione di un modello grafico da esporre al pubblico, quale “manifesto” della Riforma. Inoltre, le stringenti relazioni formali tra le scritture librarie e le iscrizioni degli apparati figurativi hanno evidenziato gli scambi “culturali” tra gli esecutori e i committenti dei cicli dipinti (o a mosaico) e gli scriptoria monastici, in particolare quello di Montecassino. Ad esempio, sono emerse le connessioni tra le scritture dei cicli pittorici della chiesa inferiore di S. Clemente, di S. Anastasio a Castel S. Elia e dell’Immacolata di Ceri, consentendo di precisarne la cronologia. Tali scambi hanno inoltre rivelato che la concezione e l’organizzazione del registro visivo erano improntate sui principi della composizione “retorica”, che guidava le pratiche di lettura, la scrittura dei codici e dei rotoli liturgici. La terza parte propone due casi esemplari del metodo interdisciplinare adottato: i mosaici absidali di S. Clemente e di S. Maria in Trastevere. Dal mosaico di S. Clemente è emersa la particolare costruzione “retorica” dell’iconografia, frutto di una stretta connessione tra il testo delle iscrizioni, la loro realizzazione grafica, e le immagini. La complessità del programma figurativo ha rivelato due diversi orientamenti di lettura, uno rivolto ai canonici riformati, l’altro alla congregazione dei fedeli. Il rapporto tra testi e immagini, improntato sulle pratiche liturgiche e cultuali, fu, infatti, funzionale alla selezione del pubblico. L’esame del mosaico di S. Maria in Trastevere ha, d’altro canto, evidenziato il mutamento della strategia propagandistica della Chiesa. Il messaggio trionfale del mosaico, espresso dal tema simbolico dello sposalizio di Maria desunto dal Cantico dei Cantici, mira alla celebrazione del trionfo ecclesiastico e di Innocenzo II nella qualità di Vicarius Christi. L’analisi del mosaico ha fatto emergere numerosi elementi di novità connessi, ad esempio, all’uso simbolico del colore e delle tipologie grafiche, nonché alla loro interazione in chiave iconologica. La ricerca è stata completata da un censimento delle epigrafi romane prodotte tra i secoli XI e XII, dove sono state raccolte le inedite informazioni che hanno costituito la base del lavoro.

Scrittura e immagine nella Roma gregoriana : dottorato di ricerca in storia dell'arte, 14. ciclo, Università di Roma “La Sapienza”, A.A. 2002-2003

RICCIONI, Stefano
2004-01-01

Abstract

La tesi di dottorato propone una ricerca interdisciplinare su documenti figurativi ed epigrafici prodotti a Roma (e nel territorio adiacente), durante il periodo della cosiddetta “Riforma Gregoriana” (metà secolo XI - metà del secolo XII). Si tratta di un lavoro che è insieme di storia dell’arte figurativa, di storia delle ideologie e delle culture (e perciò di autori e testi), nonché di paleografia epigrafica. La ricerca è stata organizzata in tre parti. La prima è un’introduzione alla storia e al contesto sociale di Roma nonché all’organizzazione ecclesiastica durante la Riforma gregoriana. L’esigenza di un rinnovamento interno alla Chiesa, volto all’emancipazione dal potere imperiale, comportò un diverso atteggiamento nei confronti delle immagini rispetto alla tradizione. In questa sede sono stati esaminati gli scritti di Bruno di Segni (Sententiae). Essi hanno svelato la presenza di una “teoria artistica riformata”, nonché elementi fondamentali per la comprensione della simbologia connessa all’edificio ecclesiastico, alle immagini e alle scritture. Lo status del testo scritto si è rivelato, infatti, significante anche dal punto di vista “iconico” poiché la scrittura aveva un valore autenticante, oltre ad essere uno strumento mnemonico e liturgico. Nella seconda parte della ricerca è stato proposto un inedito esame delle “scritture esposte” di Roma (secc. XI-XII). In questa sezione sono state esaminate le iscrizioni d’apparato librarie (nelle Bibbie Atlantiche e nei rotoli di Exultet), le epigrafi su supporto lapideo (lastre di dedica, di consacrazione, etc.) e le iscrizioni presenti nei manufatti artistici monumentali (cicli pittorici e mosaici). Il lavoro ha messo in luce le diverse tipologie scrittorie presenti nella Roma gregoriana, in gran parte improntate alla capitale d’imitazione classica e influenzate da modelli librari. Il confronto tra la capitale tipizzata delle Bibbie Atlantiche e le epigrafi lapidee dell’età di Gregorio VII ha dimostrato l’intervento della committenza pontificia nella formazione di un modello grafico da esporre al pubblico, quale “manifesto” della Riforma. Inoltre, le stringenti relazioni formali tra le scritture librarie e le iscrizioni degli apparati figurativi hanno evidenziato gli scambi “culturali” tra gli esecutori e i committenti dei cicli dipinti (o a mosaico) e gli scriptoria monastici, in particolare quello di Montecassino. Ad esempio, sono emerse le connessioni tra le scritture dei cicli pittorici della chiesa inferiore di S. Clemente, di S. Anastasio a Castel S. Elia e dell’Immacolata di Ceri, consentendo di precisarne la cronologia. Tali scambi hanno inoltre rivelato che la concezione e l’organizzazione del registro visivo erano improntate sui principi della composizione “retorica”, che guidava le pratiche di lettura, la scrittura dei codici e dei rotoli liturgici. La terza parte propone due casi esemplari del metodo interdisciplinare adottato: i mosaici absidali di S. Clemente e di S. Maria in Trastevere. Dal mosaico di S. Clemente è emersa la particolare costruzione “retorica” dell’iconografia, frutto di una stretta connessione tra il testo delle iscrizioni, la loro realizzazione grafica, e le immagini. La complessità del programma figurativo ha rivelato due diversi orientamenti di lettura, uno rivolto ai canonici riformati, l’altro alla congregazione dei fedeli. Il rapporto tra testi e immagini, improntato sulle pratiche liturgiche e cultuali, fu, infatti, funzionale alla selezione del pubblico. L’esame del mosaico di S. Maria in Trastevere ha, d’altro canto, evidenziato il mutamento della strategia propagandistica della Chiesa. Il messaggio trionfale del mosaico, espresso dal tema simbolico dello sposalizio di Maria desunto dal Cantico dei Cantici, mira alla celebrazione del trionfo ecclesiastico e di Innocenzo II nella qualità di Vicarius Christi. L’analisi del mosaico ha fatto emergere numerosi elementi di novità connessi, ad esempio, all’uso simbolico del colore e delle tipologie grafiche, nonché alla loro interazione in chiave iconologica. La ricerca è stata completata da un censimento delle epigrafi romane prodotte tra i secoli XI e XII, dove sono state raccolte le inedite informazioni che hanno costituito la base del lavoro.
2004
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