Le forme del teatro che si pensano “naturali” (ovvero la gran parte della letteratura drammatica dal XVI al XIX secolo) potrebbero anche pensarsi come una parentesi tra due tradizioni che precedono e seguono, in cui il rapporto tra raccontare e mostrare risulta molto più complesso, fecondo ed ambivalente di quanto si supponga. Nel III libro della Repubblica Platone distingue tre “forme di dizione”, a seconda che prendano la parola l’autore, i personaggi o l’uno e gli altri insieme. Ne consegue che, accanto a una teoria aristotelica del mimetico come “incarnazione”, l’eredità del mondo antico dipana la traccia di una complessa, normalmente ignorata, tradizione del genere drammatico o “attivo”, come terreno esclusivo della parola dei personaggi. Questo libro ne disegna alcuni percorsi: l’eredità tardoantica e medievale della teoria platonica (confusa spesso dagli studiosi con la teoria degli stili) e il fondamento, ma anche i condizionamenti, che essa offre alla rinascita moderna della rappresentazione; lo sterminato terreno d’incrocio di dramma e romanzo nei secoli XVIII-XX; le prospettive del teatro epico e del superamento della drammaturgia di parola nel Novecento. Filo rosso il riferimento alla tradizione delle pratiche orali, nel lungo corso dei secoli in cui la lettura individuale e silenziosa – a cui siamo abituati e che percepiamo anzi come “naturale” – si è imposta su quella, un tempo dominante, “a viva voce”.

A viva voce. Percorsi del genere drammatico

VESCOVO, Pier Mario
2015-01-01

Abstract

Le forme del teatro che si pensano “naturali” (ovvero la gran parte della letteratura drammatica dal XVI al XIX secolo) potrebbero anche pensarsi come una parentesi tra due tradizioni che precedono e seguono, in cui il rapporto tra raccontare e mostrare risulta molto più complesso, fecondo ed ambivalente di quanto si supponga. Nel III libro della Repubblica Platone distingue tre “forme di dizione”, a seconda che prendano la parola l’autore, i personaggi o l’uno e gli altri insieme. Ne consegue che, accanto a una teoria aristotelica del mimetico come “incarnazione”, l’eredità del mondo antico dipana la traccia di una complessa, normalmente ignorata, tradizione del genere drammatico o “attivo”, come terreno esclusivo della parola dei personaggi. Questo libro ne disegna alcuni percorsi: l’eredità tardoantica e medievale della teoria platonica (confusa spesso dagli studiosi con la teoria degli stili) e il fondamento, ma anche i condizionamenti, che essa offre alla rinascita moderna della rappresentazione; lo sterminato terreno d’incrocio di dramma e romanzo nei secoli XVIII-XX; le prospettive del teatro epico e del superamento della drammaturgia di parola nel Novecento. Filo rosso il riferimento alla tradizione delle pratiche orali, nel lungo corso dei secoli in cui la lettura individuale e silenziosa – a cui siamo abituati e che percepiamo anzi come “naturale” – si è imposta su quella, un tempo dominante, “a viva voce”.
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