La scarsità di studi critici specifici dedicati al ruolo della rappresentazione pittorica dell’individuo nella cultura testuale indo-persiana d’epoca mughal è in palese contrasto con la centralità ideologica e simbolica che il genere figurativo del ritratto acquisisce presso le corti e i circoli intellettuali, tanto imperiali e governativi quanto urbani e “borghesi”, dell’India settentrionale e del Deccan, a partire almeno dal XVI secolo. Lo studio che si presenta qui nasce con l’obiettivo di aprire una discussione epistemologica sull’argomento della rappresentazione del “sé prototipico” nello spazio letterario e visivo dell’India musulmana e, al contempo, di inserire il discorso teorico sulla ritrattistica indo-persiana nel più ampio contesto della critica figurativa tout court, troppo spesso limitata da una visione concettuale eurocentrica tendente all’esclusione. Oggetto di questo contributo è un racconto di media lunghezza (circa settecento versi) tratto dal principale poema narrativo di un celebre esponente del cosiddetto “stile indiano” della poesia persiana, Nāṣir ‘Alī Sirhindī (1638-1696), significativamente intitolato Naqqāsh u ṣūrat “Il pittore e l’immagine”, dove un ritratto “vivente” dalle caratteristiche peculiari svolge un ruolo narrativo e simbolico fondamentale. Senza pretendere di formulare teorie definitive e generalmente valide per un sistema intertestuale ancora troppo poco indagato, si indicano qui una serie di possibili strade interpretative utili a comprendere almeno alcune delle modalità con cui il familiare (nel repertorio persiano) concetto poetico del ritratto venisse letto, o ri-letto, nell’ambito della cultura letteraria indo-persiana più matura. Indagando i meccanismi operanti nella testualizzazione poetica del simulacro pittorico, in particolare, si mettono in risalto alcuni elementi tipologicamente riconducibili a ciò che sappiamo dei ritratti letterari dell’epoca “classica” della poesia persiana; contestualmente, si individuano una serie di specifici valori culturali mughal/indiani messi in evidenza dal testo. In altre parole, l’accento sarà posto su quegli aspetti del poema dai quali è possibile cogliere l’interazione tra alcuni (presunti) modelli “canonici” del ritratto forniti dall’inventario persiano medievale e l’atmosfera intellettuale cosmopolita e modernizzante dominante nell’India del nord del XVII secolo rispetto alle dimensioni concettuali dell’identità bi-dimensionale del volto riprodotto pittoricamente.

Il ritratto e il suo doppio nel masnawī indo-persiano di Nāsir ‘Alī Sirhindī

PELLO', Stefano
2007-01-01

Abstract

La scarsità di studi critici specifici dedicati al ruolo della rappresentazione pittorica dell’individuo nella cultura testuale indo-persiana d’epoca mughal è in palese contrasto con la centralità ideologica e simbolica che il genere figurativo del ritratto acquisisce presso le corti e i circoli intellettuali, tanto imperiali e governativi quanto urbani e “borghesi”, dell’India settentrionale e del Deccan, a partire almeno dal XVI secolo. Lo studio che si presenta qui nasce con l’obiettivo di aprire una discussione epistemologica sull’argomento della rappresentazione del “sé prototipico” nello spazio letterario e visivo dell’India musulmana e, al contempo, di inserire il discorso teorico sulla ritrattistica indo-persiana nel più ampio contesto della critica figurativa tout court, troppo spesso limitata da una visione concettuale eurocentrica tendente all’esclusione. Oggetto di questo contributo è un racconto di media lunghezza (circa settecento versi) tratto dal principale poema narrativo di un celebre esponente del cosiddetto “stile indiano” della poesia persiana, Nāṣir ‘Alī Sirhindī (1638-1696), significativamente intitolato Naqqāsh u ṣūrat “Il pittore e l’immagine”, dove un ritratto “vivente” dalle caratteristiche peculiari svolge un ruolo narrativo e simbolico fondamentale. Senza pretendere di formulare teorie definitive e generalmente valide per un sistema intertestuale ancora troppo poco indagato, si indicano qui una serie di possibili strade interpretative utili a comprendere almeno alcune delle modalità con cui il familiare (nel repertorio persiano) concetto poetico del ritratto venisse letto, o ri-letto, nell’ambito della cultura letteraria indo-persiana più matura. Indagando i meccanismi operanti nella testualizzazione poetica del simulacro pittorico, in particolare, si mettono in risalto alcuni elementi tipologicamente riconducibili a ciò che sappiamo dei ritratti letterari dell’epoca “classica” della poesia persiana; contestualmente, si individuano una serie di specifici valori culturali mughal/indiani messi in evidenza dal testo. In altre parole, l’accento sarà posto su quegli aspetti del poema dai quali è possibile cogliere l’interazione tra alcuni (presunti) modelli “canonici” del ritratto forniti dall’inventario persiano medievale e l’atmosfera intellettuale cosmopolita e modernizzante dominante nell’India del nord del XVII secolo rispetto alle dimensioni concettuali dell’identità bi-dimensionale del volto riprodotto pittoricamente.
2007
La mandorla e il mirabolano. Esotismi, contaminazioni, pittura e Oriente
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