Che significa migliorare la qualità della ricerca pedagogica? Impossibile ipotizzare il recupero di uniformità astoriche nel processo, pur necessario e urgente, di depurazione linguistica e concettuale del lessico pedagogico. Sterile invischiarsi in dispute accademiche sulle diverse identità delle diverse pedagogie. La mossa del gruppo PRIN fu piuttosto quella di intendere la ricerca pedagogica come una rete di basi di conoscenza. Produzione della conoscenza e utilizzazione di quest’ultima non vanno istituzionalmente divise, perché fanno piuttosto parte di un solo continuum, all’interno del quale le differenti attività del lavoro intellettuale andrebbero più utilmente descritte e poste in esplicita e reciproca cooperazione. Certo le conoscenze educative necessarie a insegnanti, educatori, formatori e dirigenti per prendere scelte e decisioni non dipendono soltanto dai risultati della ricerca scientifica pedagogica. Al contrario intuizioni, schemi esplicativi, programmi di lavoro, forme e metodi di riflessione sulla pratica possono offrire - a pari titolo - basi importanti di conoscenza per le decisioni. Inoltre, un altro importante contributo al costituirsi delle basi di conoscenza necessarie agli operatori proviene dalle procedure e dai programmi amministrativi, come anche dalle azioni di controllo e monitoraggio e dai programmi di valutazione attivati a vari livelli in diversi sistemi educativi. Infine le statistiche sull’educazione e gli indicatori di qualità costituiscono un ulteriore importante elemento che concorre al costituirsi di basi diffuse di conoscenza, partecipate e alimentate in modo articolato e diverso da attori plurimi e con scopi plurali. Non più solo il ricercatore fine a se stesso, dunque; non più solo applicazione delle teorie alla pratica; ma sviluppo cooperativo, multilaterale, generato dalle molte fonti provenienti dalle diverse basi di conoscenza dell’educazione e sull’educazione: fu questo il termine reale di confronto dal quale si decise di partire. Ma come rendere produttiva la rete di basi plurale della conoscenza pedagogica? In che modo esploderne le potenzialità investigative e conoscitive e produrre una rappresentazione rigorosa della conoscenza pedagogica? La seconda mossa del gruppo PRIN consistette nell’adottare e nello sviluppare, per ciascuno dei settori disciplinari coinvolti, e iuxta propria principia, lo strumento delle Ontologie Pedagogiche . Il tema della rappresentazione ontologica delle scienze dell'educazione era stato, invero, posto per la prima volta in Italia all'interno del Prin 2003-05 (“E-Learning nella formazione universitaria. Modelli didattici e criteriologia pedagogica” – coordinatore N. Paparella) dal Gruppo locale di Padova, che ricercando su “Piattaforme tecnologiche, moduli di apprendimento e rappresentazione-ricerca della conoscenza”, aveva costruito una rete semantica relativa ai concetti educativi della “Valutazione”. Questa parte del progetto, denominato “EduOnto” (Galliani, Petrucco, Nadin 2005) aveva come fine immediato la costruzione di una “ontologia educativa” per il Semantic Web, che organizzasse il dominio scientifico della Didattica e vi collegasse attraverso software intelligenti l’organizzazione e il reperimento di risorse educative (Learning Object Repository). Nel successivo progetto di ricerca PRIN 2006-08 (coordinatore nazionale L. Galliani) dal titolo "Ontologie, learning object e comunità di pratiche: nuovi paradigmi educativi per l'e-learning", l'ontologia, oltre la descrizione perfezionata dell’ “oggetto della rappresentazione” attraverso l’interpretazione comune e condivisa di concetti e relazioni riguardanti attori, processi e tecnologie, doveva rinviare agli “interpreti empirici” e ai loro contesti di discussione e di negoziazione, attraverso l’interfaccia Wiki e la sua filosofia collaborativa, propria della comunità di pratiche . Adottare è il termine giusto: in realtà si è trattato di innestare sulle riflessioni e sul contributo dei colleghi di Padova una “vision” che ha concepito lo strumento ontologico come una descrizione formale di un dominio di conoscenza, mediato non solo da una discussione all’interno di una comunità accademica, ma anche da discorsi-azioni delle comunità di pratica. E questa linea è stata seguita da tutti i differenti gruppi: quello di Milano ( coordinato da Luigi D’Alonzo) sulla special education; quello di Enna ( coordinato da Mario Lipoma) sull’educazione motoria); quello di Lecce ( coordinato da Luigino Binanti) sul capability approach e sul tema della capacitazioni; quello di Salerno ( coordinato da Achille Notti ) sul tema della Valutazione; quello di Venezia ( coordinato da Umberto Margiotta) sul diagramma delle scienze delle formazione e sulla formazione in particolare); quello di Padova ( con integrazioni di Lecce e Modena:coordinato da Luciano Galliani) sulla video-ricerca: ICT e sugli artefatti digitali nella ricerca pedagogica. La nostra ipotesi, corroborata da una lavoro certosinio di costruzione di un Lemmario per ciascuna delle Ontologie propostei, era che nelle scienze dell'educazione non fosse possibile costruire ontologie secondo un modello technology driven formale/statico, ma occorresse passare ad un modello community driven informale/dinamico, integrato entro ambienti aperti di apprendimento e comunicazione, utilizzando la prospettiva di ricerca più attuale e promettente in questo senso, e cioé lo studio delle cosiddette “complex constellations of communities of practice” (Wenger, 2006), definizione adottata per descrivere le relazioni che uniscono le varie comunità e le rendono permeabili l’una all’altra, in modo da condividere reciprocamente la conoscenza pedagogica, contestualizzandola ed arricchendola di nuovi significati. Il risultato di un lavoro che ha coinvolto non meno di 70 ricercatori a livello nazionale è la collana dedicata alle Ontologie Pedagogiche che questo volume apre. Otto volumi, ciascuno dedicato a descrivere i grafi delle ontologie proposte; ciascun volume, poi, corredato da un lemmario che non si limita a ricostruire la definizione del concetto sia sotto il versante sincronico che diacronico; ma che per ciascun lemma raccoglie le evidenze e le istanze empiriche che lo connotano di senso, anche alla luce di una approfondita selezione di ricerca bibliografica.

Qualità della ricerca e documentazione scientifica in Pedagogia. le Ontologie Pedagogiche.

MARGIOTTA, Umberto
2014-01-01

Abstract

Che significa migliorare la qualità della ricerca pedagogica? Impossibile ipotizzare il recupero di uniformità astoriche nel processo, pur necessario e urgente, di depurazione linguistica e concettuale del lessico pedagogico. Sterile invischiarsi in dispute accademiche sulle diverse identità delle diverse pedagogie. La mossa del gruppo PRIN fu piuttosto quella di intendere la ricerca pedagogica come una rete di basi di conoscenza. Produzione della conoscenza e utilizzazione di quest’ultima non vanno istituzionalmente divise, perché fanno piuttosto parte di un solo continuum, all’interno del quale le differenti attività del lavoro intellettuale andrebbero più utilmente descritte e poste in esplicita e reciproca cooperazione. Certo le conoscenze educative necessarie a insegnanti, educatori, formatori e dirigenti per prendere scelte e decisioni non dipendono soltanto dai risultati della ricerca scientifica pedagogica. Al contrario intuizioni, schemi esplicativi, programmi di lavoro, forme e metodi di riflessione sulla pratica possono offrire - a pari titolo - basi importanti di conoscenza per le decisioni. Inoltre, un altro importante contributo al costituirsi delle basi di conoscenza necessarie agli operatori proviene dalle procedure e dai programmi amministrativi, come anche dalle azioni di controllo e monitoraggio e dai programmi di valutazione attivati a vari livelli in diversi sistemi educativi. Infine le statistiche sull’educazione e gli indicatori di qualità costituiscono un ulteriore importante elemento che concorre al costituirsi di basi diffuse di conoscenza, partecipate e alimentate in modo articolato e diverso da attori plurimi e con scopi plurali. Non più solo il ricercatore fine a se stesso, dunque; non più solo applicazione delle teorie alla pratica; ma sviluppo cooperativo, multilaterale, generato dalle molte fonti provenienti dalle diverse basi di conoscenza dell’educazione e sull’educazione: fu questo il termine reale di confronto dal quale si decise di partire. Ma come rendere produttiva la rete di basi plurale della conoscenza pedagogica? In che modo esploderne le potenzialità investigative e conoscitive e produrre una rappresentazione rigorosa della conoscenza pedagogica? La seconda mossa del gruppo PRIN consistette nell’adottare e nello sviluppare, per ciascuno dei settori disciplinari coinvolti, e iuxta propria principia, lo strumento delle Ontologie Pedagogiche . Il tema della rappresentazione ontologica delle scienze dell'educazione era stato, invero, posto per la prima volta in Italia all'interno del Prin 2003-05 (“E-Learning nella formazione universitaria. Modelli didattici e criteriologia pedagogica” – coordinatore N. Paparella) dal Gruppo locale di Padova, che ricercando su “Piattaforme tecnologiche, moduli di apprendimento e rappresentazione-ricerca della conoscenza”, aveva costruito una rete semantica relativa ai concetti educativi della “Valutazione”. Questa parte del progetto, denominato “EduOnto” (Galliani, Petrucco, Nadin 2005) aveva come fine immediato la costruzione di una “ontologia educativa” per il Semantic Web, che organizzasse il dominio scientifico della Didattica e vi collegasse attraverso software intelligenti l’organizzazione e il reperimento di risorse educative (Learning Object Repository). Nel successivo progetto di ricerca PRIN 2006-08 (coordinatore nazionale L. Galliani) dal titolo "Ontologie, learning object e comunità di pratiche: nuovi paradigmi educativi per l'e-learning", l'ontologia, oltre la descrizione perfezionata dell’ “oggetto della rappresentazione” attraverso l’interpretazione comune e condivisa di concetti e relazioni riguardanti attori, processi e tecnologie, doveva rinviare agli “interpreti empirici” e ai loro contesti di discussione e di negoziazione, attraverso l’interfaccia Wiki e la sua filosofia collaborativa, propria della comunità di pratiche . Adottare è il termine giusto: in realtà si è trattato di innestare sulle riflessioni e sul contributo dei colleghi di Padova una “vision” che ha concepito lo strumento ontologico come una descrizione formale di un dominio di conoscenza, mediato non solo da una discussione all’interno di una comunità accademica, ma anche da discorsi-azioni delle comunità di pratica. E questa linea è stata seguita da tutti i differenti gruppi: quello di Milano ( coordinato da Luigi D’Alonzo) sulla special education; quello di Enna ( coordinato da Mario Lipoma) sull’educazione motoria); quello di Lecce ( coordinato da Luigino Binanti) sul capability approach e sul tema della capacitazioni; quello di Salerno ( coordinato da Achille Notti ) sul tema della Valutazione; quello di Venezia ( coordinato da Umberto Margiotta) sul diagramma delle scienze delle formazione e sulla formazione in particolare); quello di Padova ( con integrazioni di Lecce e Modena:coordinato da Luciano Galliani) sulla video-ricerca: ICT e sugli artefatti digitali nella ricerca pedagogica. La nostra ipotesi, corroborata da una lavoro certosinio di costruzione di un Lemmario per ciascuna delle Ontologie propostei, era che nelle scienze dell'educazione non fosse possibile costruire ontologie secondo un modello technology driven formale/statico, ma occorresse passare ad un modello community driven informale/dinamico, integrato entro ambienti aperti di apprendimento e comunicazione, utilizzando la prospettiva di ricerca più attuale e promettente in questo senso, e cioé lo studio delle cosiddette “complex constellations of communities of practice” (Wenger, 2006), definizione adottata per descrivere le relazioni che uniscono le varie comunità e le rendono permeabili l’una all’altra, in modo da condividere reciprocamente la conoscenza pedagogica, contestualizzandola ed arricchendola di nuovi significati. Il risultato di un lavoro che ha coinvolto non meno di 70 ricercatori a livello nazionale è la collana dedicata alle Ontologie Pedagogiche che questo volume apre. Otto volumi, ciascuno dedicato a descrivere i grafi delle ontologie proposte; ciascun volume, poi, corredato da un lemmario che non si limita a ricostruire la definizione del concetto sia sotto il versante sincronico che diacronico; ma che per ciascun lemma raccoglie le evidenze e le istanze empiriche che lo connotano di senso, anche alla luce di una approfondita selezione di ricerca bibliografica.
2014
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