La peculiare connessione che vi è tra negazione e contraddizione (§ 1) rischia di essere celata dal fatto che usualmente, anche in filosofia, la negazione viene usata come qualcosa di scontato e aproblematico. Si tratta di mettere in questione tale ‘ovvietà’ e quindi di interrogarsi sul significato della negazione. Questa interrogazione radicale porta con sé anche quella circa il principio di non contraddizione (§ 2). I paradossi logico-filosofici messi in evidenza dal pensiero contemporaneo (Russell etc.) evidenziano come la negazione di una contraddizione non garantisca affatto la verità, e paiono condurre alla conclusione che sussisterebbe a una sorta di incompatibilità tra la nozione di totalità e quella di in contraddittorietà (incompatibilità che rende impossibile un discorso propriamente filosofico). Al fine di risolvere l’incompatibilità tra la totalità e la coerenza si propone di introdurre la nozione di onnitudine (§ 3), intesa come quella nozione che consente di distinguere la differenza tra due elementi (in particolare quella tra il tutto e le sue parti) dalla negazione dell’identità. Questa soluzione, basata sulla distinzione tra il tutto e il tutto-in-quanto-escludente, consente di comprendere in che senso la soluzione della contraddizione stia già nella contraddizione stessa. Tale tipo di approccio consente di proporre la base per una nuova soluzione dei paradossi apparentemente più intrattabili (§ 4). A partire dalla “madre di tutte le contraddizioni”, cioè da quella “trappola del negativo” che si palesa nella circostanza che anche il non negativo è negativo, si mostra in che senso risulti ora legittimo parlare coerentemente di un sistema completo e non contraddittorio. Questo determina una trasformazione essenziale del significato di tutte le parole in gioco. In ambito strettamente logico viene introdotta qui (§ 5) la nozione di “werità”, la quale corrisponde, dal punto di vista in particolare del calcolo tabulare, all’operatore della contraddizione. Questo ‘rinnovamento’ (con conseguente duplicazione e quindi differenziazione dei rispetti) consente (§ 6) di formulare una peculiare soluzione dei classici paradossi logico-filosofici. Dal momento che la soluzione della contraddizione (in generale) è determinata qui dall’introduzione di un nuovo rispetto (quello chiamato dell’onnitudine), si pone (§ 7) il problema squisitamente filosofico di quale sia il linguaggio capace di testimoniare questa differenza puramente positiva tra ogni cosa e l’onnitudine. Si tratta di un linguaggio capace di testimoniare lo stare insieme, ma in una essenziale duplicità di livelli, la singola determinazione con l’insieme al quale appartiene. La soluzione della contraddizione, in generale, è dunque data da un pensiero che può essere paragonato a quello dei rebus, dove la ‘soluzione’ del rebus è data appunto dalla capacità di tenere insieme due livelli ‘irriducibili’, quello delle parole e quello delle cose.

Negazione della contraddizione e verità della contraddizione

TARCA, Luigi
2013-01-01

Abstract

La peculiare connessione che vi è tra negazione e contraddizione (§ 1) rischia di essere celata dal fatto che usualmente, anche in filosofia, la negazione viene usata come qualcosa di scontato e aproblematico. Si tratta di mettere in questione tale ‘ovvietà’ e quindi di interrogarsi sul significato della negazione. Questa interrogazione radicale porta con sé anche quella circa il principio di non contraddizione (§ 2). I paradossi logico-filosofici messi in evidenza dal pensiero contemporaneo (Russell etc.) evidenziano come la negazione di una contraddizione non garantisca affatto la verità, e paiono condurre alla conclusione che sussisterebbe a una sorta di incompatibilità tra la nozione di totalità e quella di in contraddittorietà (incompatibilità che rende impossibile un discorso propriamente filosofico). Al fine di risolvere l’incompatibilità tra la totalità e la coerenza si propone di introdurre la nozione di onnitudine (§ 3), intesa come quella nozione che consente di distinguere la differenza tra due elementi (in particolare quella tra il tutto e le sue parti) dalla negazione dell’identità. Questa soluzione, basata sulla distinzione tra il tutto e il tutto-in-quanto-escludente, consente di comprendere in che senso la soluzione della contraddizione stia già nella contraddizione stessa. Tale tipo di approccio consente di proporre la base per una nuova soluzione dei paradossi apparentemente più intrattabili (§ 4). A partire dalla “madre di tutte le contraddizioni”, cioè da quella “trappola del negativo” che si palesa nella circostanza che anche il non negativo è negativo, si mostra in che senso risulti ora legittimo parlare coerentemente di un sistema completo e non contraddittorio. Questo determina una trasformazione essenziale del significato di tutte le parole in gioco. In ambito strettamente logico viene introdotta qui (§ 5) la nozione di “werità”, la quale corrisponde, dal punto di vista in particolare del calcolo tabulare, all’operatore della contraddizione. Questo ‘rinnovamento’ (con conseguente duplicazione e quindi differenziazione dei rispetti) consente (§ 6) di formulare una peculiare soluzione dei classici paradossi logico-filosofici. Dal momento che la soluzione della contraddizione (in generale) è determinata qui dall’introduzione di un nuovo rispetto (quello chiamato dell’onnitudine), si pone (§ 7) il problema squisitamente filosofico di quale sia il linguaggio capace di testimoniare questa differenza puramente positiva tra ogni cosa e l’onnitudine. Si tratta di un linguaggio capace di testimoniare lo stare insieme, ma in una essenziale duplicità di livelli, la singola determinazione con l’insieme al quale appartiene. La soluzione della contraddizione, in generale, è dunque data da un pensiero che può essere paragonato a quello dei rebus, dove la ‘soluzione’ del rebus è data appunto dalla capacità di tenere insieme due livelli ‘irriducibili’, quello delle parole e quello delle cose.
2013
01/2013
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