Inizialmente il saggio contestualizza la produzione letteraria, saggistica e giornalistica di Cordelia Edvardson, autrice svedese di origine tedesca nata nel 1929. La “letteratura della Shoah” ha riguardato e riguarda sempre più la Svezia e la Scandinavia, specialmente grazie a voci femminili, sebbene le tragedie del secondo conflitto mondiale e la “soluzione finale” abbiano toccato più marginalmente i paesi nordici. L’analisi testuale specifica è dedicata al capolavoro di Edvardson, l’autobiografia Bränt barn söker sig till elden (Bambina bruciata cerca il fuoco; ed. it. La principessa delle ombre) del 1984. Il doloroso recupero della memoria rimossa e indicibile – l’essere finita ad Auschwitz, l’essere stata scritturale di Mengele, nella “zona grigia” descritta da Primo Levi, l’essere infine sopravvissuta e avere trovato la salvezza in Svezia – si arricchisce di una lacerante dimensione privata e, anche, meta-letteraria. Cordelia è infatti figlia della scrittrice tedesca Elisabeth Langgässer, che si salvò dalla soluzione finale in quanto ebrea “solo” per metà e sposata con un tedesco “ariano”, mentre la figlia, nata da una precedente relazione con un compagno ebreo, dovette partire per i campi di sterminio. La Langgässer chiuse gli occhi dinanzi all’ascesa del nazismo e non poté fare nulla per salvare la figlia. Oltraggio peggiore, usò le esperienze della figlia sopravvissuta nella sua rielaborazione letteraria postbellica degli orrori razziali, letti alla luce di una teodicea cristiana ormai inaccettabile per la figlia. La narrazione dolorosamente frammentaria è, comunque, anche un processo di oggettivazione e “integrazione” del trauma concentrazionario – un modo per ricomporre l’unità del soggetto e ribadire il legame affettivo inscindibile con la problematica figura materna.

LA VOCE DI CORDELIA EDVARDSON, BAMBINA BRUCIATA

CIARAVOLO, Massimo
2005-01-01

Abstract

Inizialmente il saggio contestualizza la produzione letteraria, saggistica e giornalistica di Cordelia Edvardson, autrice svedese di origine tedesca nata nel 1929. La “letteratura della Shoah” ha riguardato e riguarda sempre più la Svezia e la Scandinavia, specialmente grazie a voci femminili, sebbene le tragedie del secondo conflitto mondiale e la “soluzione finale” abbiano toccato più marginalmente i paesi nordici. L’analisi testuale specifica è dedicata al capolavoro di Edvardson, l’autobiografia Bränt barn söker sig till elden (Bambina bruciata cerca il fuoco; ed. it. La principessa delle ombre) del 1984. Il doloroso recupero della memoria rimossa e indicibile – l’essere finita ad Auschwitz, l’essere stata scritturale di Mengele, nella “zona grigia” descritta da Primo Levi, l’essere infine sopravvissuta e avere trovato la salvezza in Svezia – si arricchisce di una lacerante dimensione privata e, anche, meta-letteraria. Cordelia è infatti figlia della scrittrice tedesca Elisabeth Langgässer, che si salvò dalla soluzione finale in quanto ebrea “solo” per metà e sposata con un tedesco “ariano”, mentre la figlia, nata da una precedente relazione con un compagno ebreo, dovette partire per i campi di sterminio. La Langgässer chiuse gli occhi dinanzi all’ascesa del nazismo e non poté fare nulla per salvare la figlia. Oltraggio peggiore, usò le esperienze della figlia sopravvissuta nella sua rielaborazione letteraria postbellica degli orrori razziali, letti alla luce di una teodicea cristiana ormai inaccettabile per la figlia. La narrazione dolorosamente frammentaria è, comunque, anche un processo di oggettivazione e “integrazione” del trauma concentrazionario – un modo per ricomporre l’unità del soggetto e ribadire il legame affettivo inscindibile con la problematica figura materna.
2005
Rappresentare la Shoah
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