Dove finisce il linguaggio ordinario e inizia il linguaggio letterario? Le scienze del linguaggio e della letteratura dimostrano che esistono differenti metodi per stabilire il tasso di figuralità di un discorso. Anche nell’esperienza quotidiana attraversiamo registri comunicativi diversi e possiamo distinguere differenze fra forme del linguaggio ordinario. Avvertiamo il grado di letterarietà di una conversazione in cui siamo impegnati, riconosciamo la qualità poetica di uno scambio epistolare, apprezziamo l’efficacia di un motto di spirito, ma possiamo anche rimanere indifferenti o inconsapevoli di fronte alle differenze di grado fra questi aspetti della lingua. La nostra esperienza delle parole è davvero sufficiente a guidarci nella varietà dei differenti registri? Sensibilità o insensibilità letterarie non dipendono dalla competenza linguistica, ma da una memoria letteraria della lingua che estende le possibilità degli usi linguistici; la poesia è il risultato di una tecnica di apprendimento che modifica le regole sintattiche e semantiche. L’ultima riflessione di Wittgenstein è particolarmente sensibile all’esperienza del significato poetico, al problema della correttezza e della «differenza estetica» nella scelta delle parole che si riflette sul metodo filosofico. Come il «vedere aspetti» è connesso all’esperienza del significato, così la letteratura modifica la nostra percezione in misura direttamente proporzionale alla nostra comprensione della lingua. La condizione perché il linguaggio letterario sia effettivamente condivisibile dipende dalle implicazioni di una traduzione radicale che può sempre riuscire o fallire.

Sentire e consentire. L’esperienza delle parole

ROFENA, CECILIA
2016-01-01

Abstract

Dove finisce il linguaggio ordinario e inizia il linguaggio letterario? Le scienze del linguaggio e della letteratura dimostrano che esistono differenti metodi per stabilire il tasso di figuralità di un discorso. Anche nell’esperienza quotidiana attraversiamo registri comunicativi diversi e possiamo distinguere differenze fra forme del linguaggio ordinario. Avvertiamo il grado di letterarietà di una conversazione in cui siamo impegnati, riconosciamo la qualità poetica di uno scambio epistolare, apprezziamo l’efficacia di un motto di spirito, ma possiamo anche rimanere indifferenti o inconsapevoli di fronte alle differenze di grado fra questi aspetti della lingua. La nostra esperienza delle parole è davvero sufficiente a guidarci nella varietà dei differenti registri? Sensibilità o insensibilità letterarie non dipendono dalla competenza linguistica, ma da una memoria letteraria della lingua che estende le possibilità degli usi linguistici; la poesia è il risultato di una tecnica di apprendimento che modifica le regole sintattiche e semantiche. L’ultima riflessione di Wittgenstein è particolarmente sensibile all’esperienza del significato poetico, al problema della correttezza e della «differenza estetica» nella scelta delle parole che si riflette sul metodo filosofico. Come il «vedere aspetti» è connesso all’esperienza del significato, così la letteratura modifica la nostra percezione in misura direttamente proporzionale alla nostra comprensione della lingua. La condizione perché il linguaggio letterario sia effettivamente condivisibile dipende dalle implicazioni di una traduzione radicale che può sempre riuscire o fallire.
2016
XII
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