Il catalogo di Goro di ser Neroccio comprende sette opere firmate. Nell’ambito dell’oreficeria gotica senese, si tratta del più cospicuo numero di opere firmate dallo stesso maestro giunte sino a noi. La scrittura impiegata con maggiore frequenza è una maiuscola gotica tondeggiante, di modulo lievemente allungato. Molto diversa, invece, appare la firma del braccio reliquiario di san Biagio, incisa alla base del braccio, sopra il piede, con un’elegante minuscola gotica, ovvero, la versione epigrafica della textura quadrata, eseguita in modo nastriforme. I testi sono prevalentemente in volgare, tranne in due casi: il braccio reliquiario di san Biagio, e il calice del Bargello. La formula di sottoscrizione di Goro segue uno schema semplice, con il nome e il patronimico seguiti, per quanto riguarda i calici, dalla qualifica di orafo; in tre casi troviamo la datazione; la provenienza è indicata in due casi. Il nome dell’artefice ricorre in due varianti: con la lettera H (Ghoro), o senza (Goro). Il patronimico è prevalentemente indicato con Neroccio (al genitivo Nerocci, nel testo in latino), ma presenta anche la variante Nerocio. Le sottoscrizioni sono collocate, rispetto all’opera, in una posizione che ne privilegia l’esposizione pubblica. Si tratta di una strategia di esposizione grafica, tradizionale nell’oreficeria, che rivela una pratica di bottega consolidata anche nell’apposizione della firma come una sorta di "marchio di fabbrica". La particolare cura e regolarità di esecuzione della scrittura e la ripetizione di forme grafiche riconoscibili rendono le sottoscrizioni di Goro un elemento distintivo delle sue opere nel panorama dell’oreficeria gotica senese e consentono di ipotizzare una ‘scrittura di bottega’, eseguita da un orafo che aveva una certa familiarità con la scrittura.

Un calice inedito firmato da Goro di ser Neroccio per la chiesa di San Francesco a Borgo Sansepolcro. Appendice, Le firme di Goro di ser Neroccio, di Stefano Riccioni

RICCIONI, Stefano
2009-01-01

Abstract

Il catalogo di Goro di ser Neroccio comprende sette opere firmate. Nell’ambito dell’oreficeria gotica senese, si tratta del più cospicuo numero di opere firmate dallo stesso maestro giunte sino a noi. La scrittura impiegata con maggiore frequenza è una maiuscola gotica tondeggiante, di modulo lievemente allungato. Molto diversa, invece, appare la firma del braccio reliquiario di san Biagio, incisa alla base del braccio, sopra il piede, con un’elegante minuscola gotica, ovvero, la versione epigrafica della textura quadrata, eseguita in modo nastriforme. I testi sono prevalentemente in volgare, tranne in due casi: il braccio reliquiario di san Biagio, e il calice del Bargello. La formula di sottoscrizione di Goro segue uno schema semplice, con il nome e il patronimico seguiti, per quanto riguarda i calici, dalla qualifica di orafo; in tre casi troviamo la datazione; la provenienza è indicata in due casi. Il nome dell’artefice ricorre in due varianti: con la lettera H (Ghoro), o senza (Goro). Il patronimico è prevalentemente indicato con Neroccio (al genitivo Nerocci, nel testo in latino), ma presenta anche la variante Nerocio. Le sottoscrizioni sono collocate, rispetto all’opera, in una posizione che ne privilegia l’esposizione pubblica. Si tratta di una strategia di esposizione grafica, tradizionale nell’oreficeria, che rivela una pratica di bottega consolidata anche nell’apposizione della firma come una sorta di "marchio di fabbrica". La particolare cura e regolarità di esecuzione della scrittura e la ripetizione di forme grafiche riconoscibili rendono le sottoscrizioni di Goro un elemento distintivo delle sue opere nel panorama dell’oreficeria gotica senese e consentono di ipotizzare una ‘scrittura di bottega’, eseguita da un orafo che aveva una certa familiarità con la scrittura.
2009
Forme e significati della firma d'artista. Contributi sul Medioevo, fra premesse classiche e prospettive moderne
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