L'opera si distingue in due parti, di cui la prima costituisce presentazione ed analisi complessiva di materiali documentari poi ordinati e pubblicati nella seconda. I documenti pubblicati sono il frutto di ricerche effettuate direttamente presso l’Archivio storico di Venezia e costituiscono, nella loro grande maggioranza, degli inediti di importanza fondamentale per la comprensione delle radici dell’istituto arbitrale. I documenti pubblicati, che vanno dalla fine del 1200 agli inizi del 1600, ma che sono essenzialmente concentrati fra il 1300 ed il 1400, sono ripartiti a seconda delle fonti: fonti consiliari, fonti notarili e fonti giudiziarie. Data la inesistenza di un sistema di ripartizione dei poteri in Venezia in quel periodo, nelle fonti consiliari sono ricompresi sia atti legislativi in tema di arbitrato che decisioni arbitrali e decisioni giudiziarie in tema di arbitrato. Le fonti notarili sono quelle che danno atto della stipulazione di compromessi, o di contratti con clausole compromissorie, o di decisioni arbitrali che risolvono le controversie. Le fonti giudiziarie, essenzialmente le decisioni dei Giudici di Petizione, attengono all'esecuzione dei lodi e, talvolta, alla loro validità. Oltre ad alcuni riferimenti relativi all’arbitrato internazionale che la Repubblica Serenissima utilizzava nei rapporti tra Stati, la maggior parte del lavoro è dedicata all’arbitrato nei rapporti interindividuali. Fra i tanti punti messi in evidenza occorre menzionare dapprima la distinzione fra arbiter e arbitrator essendo quest'ultimo un amichevole compositore della lite fra le parti senza obbligo di applicare norme di diritto. Va poi ricordata la possibilità di collegi arbitrali composti di due arbitri, con possibile nomina di un terzo arbitro in caso di disaccordo fra i due (legge del Maggior Consiglio del 1 settembre 1437), così anticipando di gran tempo soluzioni per le quali è oggi noto l'arbitrato nel Regno Unito con la figura dell' umpire. In alcuni casi la scelta del terzo era rimessa agli stessi arbitri, in altri il terzo – sempre in assenza di accordo dei primi due sulla decisione da adottare – era da individuare nell'ambito dei Giudici di Petizione; con l'ulteriore utile conseguenza di una sicura facilità di exequatur in caso di successivo ricorso a questo organo giudiziario per ottenere l'esecuzione forzata del lodo. Quanto alle materie arbitrabili, viene messo in luce come tali materie fossero molto più numerose di quelle oggi possibili oggetto di arbitrato, anche nei paesi più liberali al riguardo. L'arbitrato era previsto nelle liti fra coniugi, fra genitori e figli e fra parenti fino ad un certo grado. Questo anche allo scopo di evitare che questioni personali venissero trattate e decise senza la necessaria giustizia e riservatezza che le relative dispute necessitavano. Pure arbitrabili erano le controversie in materia di contratti di lavoro, sia collettive fra categorie di datori di lavoro e di lavoratori (Arte della Lana e Corporazione dei Cimadori, sia fra singolo lavoratore e datore di lavoro. Sono infine di rilievo le considerazioni raggiunte in tema di esecuzione dei lodi. La loro efficacia di giudicato si era andata consolidando nel tempo con l'attribuzione al lodo della caratteristica dell'inappellabilità. L'intervento del Giudice di Petizion era essenzialmente limitato a fornire forza esecutiva al lodo stesso. Speciale attenzione è rivolta alle clausole penali contenute nei compromessi e per le quali una penale avrebbe dovuto essere versata – in favore di un'autorità pubblica o dell'altra parte – da quella parte che avesse causato il ricorso all'autorità giudiziaria per l'esecuzione del lodo.

Alle origini dell'arbitrato commerciale internazionale. L'arbitrato a Venezia tra Medioevo ed Età moderna

MARRELLA, Fabrizio;
2001-01-01

Abstract

L'opera si distingue in due parti, di cui la prima costituisce presentazione ed analisi complessiva di materiali documentari poi ordinati e pubblicati nella seconda. I documenti pubblicati sono il frutto di ricerche effettuate direttamente presso l’Archivio storico di Venezia e costituiscono, nella loro grande maggioranza, degli inediti di importanza fondamentale per la comprensione delle radici dell’istituto arbitrale. I documenti pubblicati, che vanno dalla fine del 1200 agli inizi del 1600, ma che sono essenzialmente concentrati fra il 1300 ed il 1400, sono ripartiti a seconda delle fonti: fonti consiliari, fonti notarili e fonti giudiziarie. Data la inesistenza di un sistema di ripartizione dei poteri in Venezia in quel periodo, nelle fonti consiliari sono ricompresi sia atti legislativi in tema di arbitrato che decisioni arbitrali e decisioni giudiziarie in tema di arbitrato. Le fonti notarili sono quelle che danno atto della stipulazione di compromessi, o di contratti con clausole compromissorie, o di decisioni arbitrali che risolvono le controversie. Le fonti giudiziarie, essenzialmente le decisioni dei Giudici di Petizione, attengono all'esecuzione dei lodi e, talvolta, alla loro validità. Oltre ad alcuni riferimenti relativi all’arbitrato internazionale che la Repubblica Serenissima utilizzava nei rapporti tra Stati, la maggior parte del lavoro è dedicata all’arbitrato nei rapporti interindividuali. Fra i tanti punti messi in evidenza occorre menzionare dapprima la distinzione fra arbiter e arbitrator essendo quest'ultimo un amichevole compositore della lite fra le parti senza obbligo di applicare norme di diritto. Va poi ricordata la possibilità di collegi arbitrali composti di due arbitri, con possibile nomina di un terzo arbitro in caso di disaccordo fra i due (legge del Maggior Consiglio del 1 settembre 1437), così anticipando di gran tempo soluzioni per le quali è oggi noto l'arbitrato nel Regno Unito con la figura dell' umpire. In alcuni casi la scelta del terzo era rimessa agli stessi arbitri, in altri il terzo – sempre in assenza di accordo dei primi due sulla decisione da adottare – era da individuare nell'ambito dei Giudici di Petizione; con l'ulteriore utile conseguenza di una sicura facilità di exequatur in caso di successivo ricorso a questo organo giudiziario per ottenere l'esecuzione forzata del lodo. Quanto alle materie arbitrabili, viene messo in luce come tali materie fossero molto più numerose di quelle oggi possibili oggetto di arbitrato, anche nei paesi più liberali al riguardo. L'arbitrato era previsto nelle liti fra coniugi, fra genitori e figli e fra parenti fino ad un certo grado. Questo anche allo scopo di evitare che questioni personali venissero trattate e decise senza la necessaria giustizia e riservatezza che le relative dispute necessitavano. Pure arbitrabili erano le controversie in materia di contratti di lavoro, sia collettive fra categorie di datori di lavoro e di lavoratori (Arte della Lana e Corporazione dei Cimadori, sia fra singolo lavoratore e datore di lavoro. Sono infine di rilievo le considerazioni raggiunte in tema di esecuzione dei lodi. La loro efficacia di giudicato si era andata consolidando nel tempo con l'attribuzione al lodo della caratteristica dell'inappellabilità. L'intervento del Giudice di Petizion era essenzialmente limitato a fornire forza esecutiva al lodo stesso. Speciale attenzione è rivolta alle clausole penali contenute nei compromessi e per le quali una penale avrebbe dovuto essere versata – in favore di un'autorità pubblica o dell'altra parte – da quella parte che avesse causato il ricorso all'autorità giudiziaria per l'esecuzione del lodo.
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