L’umanità contemporanea sembra avvertire la centralità della paura, autentica “emozione del millennio”, e ciascun individuo tende a percepire la propria esistenza come un sentiero di cresta, minacciato dallo spalancarsi di strapiombi e precipizi. Da tale sensazione d’instabilità e insicurezza, prende forma il presente volume, che vuol delineare un cammino fra i problemi politici che la domanda di sicurezza pone, ma non trascurando un giro d’orizzonte sulle radici antropologiche del rischio, della fuga e della paura. Il cuore del libro è costituito dalla trattazione del tema della paura, così caratteristico della temperie culturale e politica odierna; la paura non viene solo subita e sofferta, ma socialmente “fabbricata” e manipolata, per conseguire degli effetti che qui vengono analizzati. È proprio l’ambiguità della paura a venir posta in rilievo: la paura come prigione della mente e restringimento di ogni progettualità entro una mera visione di sopravvivenza, ma anche la paura come affezione che consiglia la prudenza, invitando a misurare i nostri passi nel mondo, un mondo dominato da una dimensione tecnologica che costruisce e risana, ma anche minaccia e, potenzialmente, distrugge. Alla fine del libro si affollano una serie di questioni, fra le quali, ad esempio: lungo quali linee culturali sviluppare il contenimento del panico, che sembra travolgere, in particolare, la vita delle grandi città? I temi conclusivi della resilienza e della fortezza non indicano ricette consolatorie, ma additano un difficile cammino etico ed educativo

CAMMINANDO LUNGO IL CRINALE

GOISIS, Giuseppe
2006-01-01

Abstract

L’umanità contemporanea sembra avvertire la centralità della paura, autentica “emozione del millennio”, e ciascun individuo tende a percepire la propria esistenza come un sentiero di cresta, minacciato dallo spalancarsi di strapiombi e precipizi. Da tale sensazione d’instabilità e insicurezza, prende forma il presente volume, che vuol delineare un cammino fra i problemi politici che la domanda di sicurezza pone, ma non trascurando un giro d’orizzonte sulle radici antropologiche del rischio, della fuga e della paura. Il cuore del libro è costituito dalla trattazione del tema della paura, così caratteristico della temperie culturale e politica odierna; la paura non viene solo subita e sofferta, ma socialmente “fabbricata” e manipolata, per conseguire degli effetti che qui vengono analizzati. È proprio l’ambiguità della paura a venir posta in rilievo: la paura come prigione della mente e restringimento di ogni progettualità entro una mera visione di sopravvivenza, ma anche la paura come affezione che consiglia la prudenza, invitando a misurare i nostri passi nel mondo, un mondo dominato da una dimensione tecnologica che costruisce e risana, ma anche minaccia e, potenzialmente, distrugge. Alla fine del libro si affollano una serie di questioni, fra le quali, ad esempio: lungo quali linee culturali sviluppare il contenimento del panico, che sembra travolgere, in particolare, la vita delle grandi città? I temi conclusivi della resilienza e della fortezza non indicano ricette consolatorie, ma additano un difficile cammino etico ed educativo
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